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20 GENNAIO 2012 - Quindici chilometri che sembrano un’infinità. Quindici chilometri percorsi in moto sfidando la sabbia sottile come borotalco. La paura di non raggiungere in tempo la meta. Il dolore che morde. Il sangue che scorre. Fatima è giunta all’ingresso di fob Lavaredo, a Bakwa, nel sud est dell’Afghanistan, avvolta in una coperta, portata dal fratello, per chiedere aiuto ai medici della base italiana. Non aveva più il braccio destro. Strappato a causa di un incidente. I suoi abiti erano rimasti incastrati negli ingranaggi di un pozzo e ciò ha provocato la lacerazione dell’arto. Ha 10 anni Fatima ma è talmente minuta che ne dimostra meno.
A soccorrerla il team medico della base di Bakwa guidato dal capitano di fregata Damiano Guadalupi e composto anche dal capitano Antonio Saponaro e dal maresciallo Giovanni Quero. Immediatamente hanno arrestato l’emorragia e stabilizzato la bambina. È stato necessario anche intervenire sulla mano sinistra in quanto nell’incidente la piccola ha riportato anche l’amputazione del pollice sinistro oltre ad una profonda ferita al collo.
“Abbiamo cercato di recuperare l’arto della bambina e per fare questo i nostri militari hanno dovuto raggiungere il villaggio a 15 chilometri di distanza dalla base – racconta il capitano di fregata Damiano Guadalupi, 47 anni, originario di Brindisi e in servizio al reggimento San Marco – Abbiamo organizzato il trasferimento della piccola e dell’arto ad Herat a bordo di un black hawk americano. È stata una procedura laboriosa ed è stato necessario un intervento del Regional Command West. Quando è giunta a destinazione Fatima è stata accolta dai medici del Role 1 di Herat e poi è stata trasferita all’ospedale pediatrico cittadino. Purtroppo non è stato possibile reimpiantare il braccio”. Fatima ora sta meglio ed è rientrata al suo villaggio. Probabilmente per lei sarà realizzata un protesi.
“La storia della piccola afgana ha commosso tutta la base di Bakwa – racconta il capitano di vascello Giuseppe Panebianco, comandante del reggimento San Marco e della Task Force South-East – Ogni giorno i nostri medici, sia qui che nel Gulistan assicurano assistenza sanitaria agli afgani che giungono alle porte delle nostre basi. Sono centinaia le persone che sono state visitate da quando siamo qui”.
“Da noi vengono essenzialmente uomini, di tutte le età e bambini – spiega il comandante Guadalupi – Qui a Bakwa si è presentata una sola donna mentre in Gulistan è più frequente che ricorrano alle cure del nostro medico. I neonati vengono sempre accompagnati dal padre, dai fratelli o dagli zii, mai dalla madre. Il nostro è l’unico presidio sanitario qualificato in tutta l’area. Le patologie più frequenti sono quelle dermatologiche e gastrointestinali ma si registrano anche parassitosi e malattie da raffreddamento. Sono alla mia prima missione in Afghanistan ed ho preso coscienza di una realtà di povertà assoluta, soprattutto nel distretto di Bakwa. Ciò mi ha fatto riscoprire quell’approccio più “primitivo” del medico al paziente. Occorre far ricorso alla clinica propriamente detta e occorre farlo con i pochi strumenti a disposizione, con mani, orecchie e occhi perché non c’è la possibilità di rimandare ad esami di laboratorio più approfonditi”.
“Non è la prima volta che vengo in Afghanistan. La scorsa volta ho potuto lavorare nella zona di Herat e per un breve periodo anche in Gulistan e la cosa che mi ha sorpreso di Bakwa è il grado di povertà e di arretratezza della popolazione – conferma il capitano Antonio Saponaro, 37 anni, originario di Carovigno, in provincia di Brindisi, specialista in cardiologia presso il policlinico militare del Celio, a Roma – Qui manca praticamente ogni tipo di facility sanitaria e, per quanto ho potuto constatare, anche una scuola propriamente detta. Dal punto di vista professionale la missione è stata, come sempre, impegnativa e non priva di qualche soddisfazione soprattutto per il supporto che abbiamo potuto dare ai locali. Dal punto di vista personale ed umano è stata sicuramente una delle più fortunate. Il reggimento San Marco, con cui mi sono trovato a lavorare in maniera del tutto casuale per via dei nostri turni di impiego all’estero, è servito prevalentemente da personale delle provincie di Brindisi e Lecce, ho anche trovato 3 fucilieri di Marina del mio paese. Per me è stato come avere l’opportunità di lavorare a casa per due mesi – racconta l’ufficiale medico – Ricordo un aneddoto curioso di questi mesi di missione. Ho visitato un afgano che aveva il quinto dito del piede sinistro completamente in necrosi. Pare si fosse rivolto ad una storta di medico del luogo per un importante mal di schiena e questo ha pensato bene di curarlo con una martellata sul dito del piede. Con il collega non volevamo credere alle nostre orecchie, ma il racconto ed il tipo di lesione sono stati assolutamente convincenti. Unica nota positiva, il mal di schiena era passato davvero”.
Storie di povertà e di miseria. Ma anche storie di speranza come quella della piccola Fatima. Con lei la vita è stata dura ma ha messo sulla sua strada persone speciali come i medici militari di Bakwa. Probabilmente non le servirà per sfogliare le pagine di un libro e non la userà nemmeno per scrivere ma con la sua protesi potrà vivere una vita quasi normale.
                                                                                                        EBE PIERINI

TRATTO DAL SITO 

IL TEAM MEDICO DI BAKWA

 Il Capitano di fregata medico Damiano Guadalupi

Il Capitano medico Antonio Saponaro

NATALE IN AFGHANISTAN PER 4.200 MILITARI ITALIANI

25 Dicembre 2011 - “Signore è Natale. Sono in Afghanistan, milite in una terra che non ti conosce. Ma oggi è la tua festa, è la festa della tua venuta in mezzo a noi”. È con questo verso che si apre la preghiera recitata da un soldato durante la messa di Natale a Camp Arena, ad Herat.
In centinaia si assiepano nell’hangar nel quale è stato allestito un piccolo altare e dove il cappellano militare, don Gianmario Piga, celebra la messa. Dietro l’altare un albero di Natale addobbato con le letterine scritte dai bambini sardi e afgani ai soldati in missione. “Ma perché se fare il militare ti costringe ad andare sempre via da casa e dalla tua famiglia non cambi lavoro?” chiede, tra le righe della sua missiva, una bambina. “Caro soldato, ho perso il mio elicottero telecomandato. Non è che per caso tu che sei in missione lo ha ritrovato?” scrive un altro bambino. Strappano un sorriso questi messaggi. Ti riscaldano il cuore.
Un’emozione in crescendo la celebrazione del Natale in Afghanistan. Gesù bambino è adagiato su una sciarpa della brigata Sassari. Il coro composto da militari italiani e stranieri accompagnato dalla chitarra e dalla batteria intona canti natalizi in italiano, inglese e spagnolo. “Bianco Natal” e “Tu scendi dalle stelle” si arricchiscono di strofe scritte per l’occasione che ricordano i cari lontani e le case in Italia. Don Gianmario e tre militari della brigata Sassari intonano un canto dedicato alla Madonna in sardo e un brivido pervade l’assemblea.
Un’omelia meravigliosa quella del cappellano che riesce a stento a trattenere le lacrime quando parla dei bambini afgani e del loro futuro affidato in parte anche all’impegno dei soldati italiani. E poi ricorda i piccoli che i militari hanno lasciato a casa e che attendono fiduciosi il ritorno dei genitori.
Si ha l’impressione che per una sera il freddo non si senta. Centinaia di cuori che battono all’unisono. Un’unica grande famiglia riunita in un hangar. Fratelli pur non essendo legati da alcun vincolo di parentela. Quando scatta la mezzanotte tutti si scambiano gli auguri. Si beve insieme un bicchiere di cioccolata calda e si assaggia una fetta di panettone.
È già Natale. Ma è un giorno come tutti gli altri in Afghanistan. I piloti sono in volo, i Predator continuano a sorvolare il percorso dei convogli, i ragazzi nelle fob e dei cop non abbandonano le loro posizioni. In base ognuno compie il suo lavoro come fosse una domenica qualunque.
Il generale Luciano Portolano ha rivolto il suo augurio in vista del Natale a tutti i militari del Regional Command West, il comando a guida italiana, su base brigata Sassari. “Grazie a tutti voi per il supporto che mi state dando. Gli italiani vi sono riconoscenti per i vostri sforzi. A nome del popolo italiano e degli stati maggiori io vi ringrazio. Grazie per il vostro operato e per i risultati raggiunti nel settore ovest che sono frutto della vostra dedizione, del vostro sacrificio e delle vostre capacità professionali”. Non è mancato ovviamente un sentito ringraziamento da parte del generale Portolano nei confronti di tutti gli uomini che hanno trascorso il Natale nelle varie fob, le basi italiane avanzate da Bala Murghab a Shindand, da Farah a Bakwa, da Bala Balouk al Gulistan, dove si trovano alcune centinaia di uomini e nei cop, gli avamposti più avanzati dove vivono solo poche decine di uomini.
“Signore, è Natale. Noi siamo qui, in questa terra afgana, lontani dai nostri affetti e dai nostri cari, lontani dalla nostra famiglia. Ma in te, vogliamo sentirci vicini. Il mio cuore, come il cuore della mia famiglia, desidera adorarti. Dona la tua pace sulla mia casa, accompagna i miei figli nella loro crescita, la mia amata sposa nei suoi sacrifici e rafforza l’unione dei nostri cuori”. Con questa preghiera si conclude la notte di Natale ad Herat.
                                                                                                                EBE PIERINI

TRATTO DAL SITO http://www.italnews.info/

"Don Gianmario e tre militari della Brigata Sassari intonano un canto dedicato alla Madonna in sardo e un brivido pervade l’assemblea"

Herat, Natale 2011 a Camp Arena

Dietro l’altare un albero di Natale addobbato con le letterine scritte dai bambini sardi e afgani...


 

EBE PIERINI

AFGHANISTAN: I MEDICI MILITARI DI BAKWA, UNA SPERANZA PER FATIMA E PER CENTINAIA DI AFGANI

IL MUSEO DEL 3°

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