DISCORSO COMANDANTE
CONSEGNA MBVE
CAP. SALVATORE ABBATE
CONSEGNA PREMIO SCIACCA
CORO SELARGIUS
CONCERTO BANDA SASSARI
LA LOCANDINA
TUTTE LE FOTO
DISCORSO PRONUNCIATO DAL COMANDANTE DELLA 
BRIGATA "SASSARI", GENERALE MANLIO SCOPIGNO, IN OCCASIONE DEL 95° ANNIVERSARIO 
DELLA "BATTAGLIA DEI TRE MONTI"  FESTA DELLA BRIGATA "SASSARI"                      
MACOMER, 28 GENNAIO 2013
Autorità civili, militari e religiose. Salude e trigu! Rivolgo il mio 
particolare ringraziamento a tutti gli intervenuti e alle famiglie dei nostri 
sassarini qui presenti, alla città di Macomer che ci ha ospitato e a tutti 
coloro che, grazie al contributo volontario, hanno permesso la realizzazione di 
questo evento. Il mio primo pensiero va ai caduti di ieri, a cui 
dedichiamo questo giorno del ricordo, e a quelli di oggi, la cui presenza tra di 
noi sentiamo più forte grazie alla testimonianza che oggi le loro famiglie hanno 
voluto darci, venendo qui a Macomer.  
Celebriamo oggi il 95° anniversario della "Battaglia dei Tre Monti", importante 
vittoria delle Armi italiane nel corso del Primo Conflitto Mondiale, che segnò 
la ripresa operativa e la rinascita morale dell'Esercito dopo le infauste 
giornate di Caporetto e valse alle Bandiere di Guerra del 151° e 152° Reggimento 
della Brigata "Sassari" la seconda Medaglia d'Oro al Valor Militare. Il 28 
gennaio 1918, al grido di "Avanti Sardegna!", l'irresistibile slancio dei fanti 
sardi del 151°  e 152 ° Reggimento strappava al nemico le munitissime posizioni 
di "Col del Rosso" e "Col d'Echele", due dei tre monti che, unitamente alla Val 
Bella, costituivano l'Altopiano di Asiago e le formidabili basi di partenza per 
l'avanzata austriaca verso la sottostante pianura veneta. E' dunque la Festa di 
Corpo e delle Bandiere del 151° e del 152°. Ma è soprattutto la Festa della 
Brigata tutta, che nel nome, nei colori e nelle tradizioni dei due Reparti 
storici, da sempre si identifica. La Brigata che il nemico ribattezzò dei "Rote 
Teufel", ossia "sos Diaulos Rujos" o semplicemente "Dimonios", per il colore 
rosso delle mostrine - che stingendo sotto la pioggia copriva il bavero di 
un'unica chiazza rossa - e per l'irruenza nel combattimento corpo a corpo dove, 
accanto alla baionetta, i fanti sardi facevano largo uso del fedele coltello a 
serramanico: "sa resorza".
Questi uomini, che nell'immaginario collettivo trasmessoci dalle cronache del 
nemico di allora potevano sembrare una scatenata e formidabile macchina da 
guerra, in realtà erano i nostri nonni, "sos Mannos", uomini semplici e genuini: 
contadini, pastori, minatori, che proiettati in un contesto diverso da quello 
dell'Isola nella quale avevano sempre vissuto, trovarono nell'appartenenza 
regionale l'elemento catalizzatore della loro unione. Ogni loro agire era 
improntato a sentimenti di coraggio, di onore, di fierezza per la loro terra di 
origine. E' nelle terribili ore che precedevano l'assalto che i fanti sardi, 
inquadrati nella stessa Brigata, accomunati nell'ora del pericolo dalla stessa 
millenaria storia, lingua e tradizioni, scoprirono l'orgoglio di Popolo unito e 
coeso. Ecco perché oggi è anche la giornata del ricordo per la Gente di 
Sardegna, che con il sacrificio dei suoi 13.602 Caduti diede un largo tributo di 
sangue alla causa dell'unità nazionale, sogno a lungo perseguito dagli Eroi del 
Risorgimento. Ringrazio pertanto il Presidente della Regione Autonoma della 
Sardegna, On. Ugo CAPPELLACCI e le Autorità tutte, che con la loro presenza 
testimoniano l'indissolubile legame della Sardegna con la sua Brigata. Ma oltre 
all'eredità di una Italia finalmente unita c'è di più. Ci sono dei lasciti che 
quei giovani di allora ci hanno donato che vale la pena ricordare. Qualcosa di 
molto più intimo che solo i sardi capiscono appieno. A noi Sassarini hanno 
lasciato la professionalità con cui affrontare il nostro lavoro con 
intelligenza, onestà e pragmatismo. Riporto una frase di Alfredo GRAZIANI, Ten. 
del 151° Rgt., tratta dal suo libro "Fanterie Sarde all'ombra del Tricolore". 
Essa si colloca nel momento in cui la Brigata, salendo sull'Altopiano di Asiago, 
si imbatte nelle impaurite popolazioni messe in fuga dalla guerra. La frase è la 
seguente: "Poco più oltre, un gruppo di donne levò in alto i bambini, dicendoci: 
Salvate le nostre creature! State tranquille - dissi - ormai tra voi e loro ci 
sono le nostre baionette. E, dalle file, la voce di un ignoto "como che semus 
nois" (ora ci siamo noi). Alla Sardegna intera, invece, hanno lasciato 
l'orgoglio dei valori della famiglia e del ruolo supremo della presenza 
femminile. Emilio Lussu in "Un anno sull'Altipiano", descrive il suo commiato 
dalla mamma e dal babbo dopo una breve licenza: lui, accompagnato dal padre, 
esce di casa dopo aver salutato la madre che era rimasta in casa. La mamma lo 
aveva salutato calma e coraggiosa. Poi strada facendo, Lussu si accorge di aver 
dimenticato il frustino, torna in casa e così scrive: " La porta di casa era 
ancora aperta. Entrai e gridai: - Mamma, ho dimenticato il frustino. Al centro 
della sala, accanto ad una sedia rovesciata, la mamma era accasciata sul 
pavimento, in singhiozzi. Io la raccolsi, l'aiutai a sollevarsi. Ma non si 
reggeva più da sola, tanto, in pochi istanti, si era disfatta. Tentai di dirle 
parole di conforto, ma si struggeva in lacrime". Quella mamma non aveva voluto 
farsi vedere disperata dal figlio, forte di un sentimento più forte di qualsiasi 
eroe di guerra. Questa scena mi ricorda un quadro del nostro artista (Raimondo) 
Picci, che raffigura l'archetipo di quella figura femminile, da oggi esposto qui 
a Macomer all'area fieristica. Lo sguardo della moglie che tiene tra le braccia 
il proprio sposo è lo stesso sguardo che immagino nella mamma di Emilio Lussu. E 
così, care Mamme e mogli dei nostri caduti che oggi siete qui a Macomer: Anna 
Laura, Daniela, Pierina, Rita, Bruna, Luisella, Greca, Ambra, Federica, Marie 
Claude, Emilia, Maria, Maria Antonia, io rivedo in voi quello stesso sguardo 
levato al cielo a chiedere misericordia a Dio per la sofferenza che provate, ma 
forti a testimoniare "io ci sono", "mio figlio c'è", "mio marito c'è". Ed 
idealmente, i nostri Caduti, di ogni tempo, luogo e circostanza, sono tutti qui 
presenti oggi, e a loro ci uniamo, levando alto il nostro grido "FORZA 
PARIS"!
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