SINNAI, 14 MARZO 2015 - Sto vivendo questo tanto atteso centenario della Brigata SASSARI e della Grande Guerra con crescente disappunto per la distrazione e l’indifferenza che gli stanno riservando le massime istituzioni dello Stato. Mettendo a confronto l’atteggiamento tenuto in passato da tre significativi livelli istituzionali: la Presidenza del Consiglio dei ministri, il vertice dell'Esercito e la Regione Sardegna, e il comportamento di cui siamo testimoni in questi giorni, c'è da restare delusi. E vi spiego perché.
Il Presidente del Consiglio di allora, Vittorio Emanuele Orlando, in un discorso tenuto alla Camera il 16 giugno 1918, commemorando le gesta della nostra Brigata disse: ”L’Italia ha contratto un grande debito di riconoscenza verso la nobile isola e questo debito pagherà”. Parole che indirizzò solo alla SASSARI e alla Sardegna e a nessun’altra unità, a nessun’altra regione.
E l’attuale Presidente del Consiglio invece che fa? Neanche un messaggio, né alla Sardegna né alla SASSARI. A tutt’oggi non ha inviato un ministro o almeno un sottosegretario a rappresentarlo in una delle celebrazioni promosse con la collaborazione della Brigata dalle amministrazioni comunali di Sassari, Tempio e Sinnai oltre che dai Lions e dai Rotary della Sardegna.
Il Capo di Stato Maggiore di un secolo fa, Armando Diaz, subito dopo la celebre battaglia dei Tre Monti (che nel gennaio del 1918 rappresentò la svolta decisiva, dopo Caporetto, per passare dal pericolo di una disfatta totale alla prospettiva di una vittoria) disse ai Sardi: “Voi non sapete, e forse non saprete mai, quanto avete fatto per l’Italia”. E anche queste parole furono indirizzate solo ai sardi della SASSARI. Solo il 151° e il 152°, fra tutti i reggimenti dell'Esercito, furono decorati ciascuno con l'Ordine Militare di Savoia e due Medaglie d'Oro al Valor Militare. E quale, invece, oggi il messaggio dell’attuale Capo di Stato Maggiore dell’Esercito? Nessuno. Silenzio assoluto.
Nessuna iniziativa anche da parte della Regione Autonoma della Sardegna, se si esclude la presenza a Sassari, il 27 Febbraio scorso, a Sinnai, il 5 Marzo, e a Tempio, il 13, dell’Assessore della Sanità Luigi Arru in rappresentanza del presidente Francesco Pigliaru. Fa un certo effetto pensare che la Regione Sarda, che affonda le radici della propria autonomia nei movimenti nati dal combattentismo del primo dopoguerra, mentre in passato scelse il 28 Gennaio, data della battaglia dei Tre Monti, quale “Giornata della Sardegna”, nel 1993 pensò bene di sostituire quella ricorrenza con una sorprendente “Cacciata dei piemontesi”. Questa singolare interpretazione della storia, stigmatizzata il 6 Marzo scorso a Cagliari dal professor Aldo Accardo nel suo intervento tenuto nell’Auditorium “Pierluigi da Palestrina” di Cagliari, mi sembra autolesionistica fino al masochismo, al pari della scelta di adottare quale stemma regionale i quattro mori, ovvero il simbolo dei quattro secoli più bui della nostra storia: quelli della dominazione spagnola.
Con tutti i simboli prestigiosi che possiamo vantare - il nuraghe, Amsicora, Eleonora d'Arborea, la stessa Brigata SASSARI - chi andiamo a scegliere? I quattro mori!
Come spiegarsi le defezioni e l'indifferenza? L'alternativa è se attribuirle a semplice ignoranza della storia da parte dei politici, come ipotizza il professor Accardo, oppure a poco credibili aspetti riconducibili alla revisione della spesa (spending review) oppure ancora alle sabbie mobili della presenza militare in Sardegna, polemica che volteggia come un avvoltoio nei cieli sardi col messaggio “via-i-poligoni=via-la-SASSARI”. E appunto per questo meno si parla della SASSARI, meglio è!
Consentitemi una battuta finale: se quei gentiluomini dell'Isis sapessero della SASSARI (e ho buoni motivi per pensare che in Iraq e in Afghanistan alle orecchie di qualcuno di loro sia giunta voce dei Sardi della SASSARI), sono certo che loro vedrebbero di buon occhio il ridimensionamento o lo scioglimento della nostra Brigata.
                                                                                                                            NICOLO' MANCA

          

CAGLIARI, 28 FEBBRAIO 2015 - Difficile dire in poche parole cosa rappresentano cento anni per la Brigata SASSARI. Sono cento anni di colori biancorossi, di uomini e da qualche anno di donne, che sono un pezzo della Sardegna. Brigata da tanti amata, ma anche da pochi vituperata (ma no contanta meda).
Cento anni di cose valoriali: spirito di corpo, adesione a valori antichi, sguardo al futuro, felicità a momenti, ma impegno sempre.
Chi ha indossato quelle mostrine ne ha recepito l'essenza, chi non lo ha mai fatto guarda ammirato e incredulo alla forza millenaria di un popolo con orgoglio e sempre con testa alta.
Loro sono sempre usciti dalle trincee, chissà che non abbiano emuli in questa terra che li ha fatti nascere e li ha nutriti. Certo mi aspettavo dalla Regione Sarda una attenzione diversa: hanno perso anche questa.
Ajò diavoli rossi gli austriaci non sono finiti.
                                                                                                                                     Gianfranco Scalas

  CAGLIARI, 18 MARZO 2015 - Si apprende dallo Stato Maggiore dell’Esercito che la Forza Armata ha deciso di “congelare”, in attesa di sviluppi, la costituzione a Cagliari del Reggimento Logistico per la Brigata SASSARI (Caserma Mereu) e del Reggimento di Artiglieria nella nuova caserma di Nuoro (Pratosardo). L’isola perderà quindi un cospicuo numero di “posti di lavoro” perché un migliaio di sardi, uomini e donne che vestono la divisa dell’Esercito e che prestano servizio sul continente, si vedranno preclusa la possibilità di essere trasferiti in Sardegna e costretti quindi a destinare i loro stipendi alle società aeree e marittime nonché ad essere gli artefici di una significativa ricaduta economica a favore delle rispettive aree di residenza nella penisola (affitti, tributi locali, centri commerciali, locali pubblici ecc).
Ma cosa è successo? Da tempo la Giunta Regionale ha deciso di seguire l’onda mediatica alimentata da frange della sinistra che invocano la chiusura del poligono di Capo Teulada. Il presidente Pigliaru ha recentemente chiesto al Governo (conferenza Stato Regione sulle Servitù Militari) la chiusura del poligono e la riconversione a scopi scientifici (?) di quello di Salto di Quirra. Peraltro è da ricordare che il progetto per lo sviluppo dei DRONE (velivoli senza pilota) è già stato dirottato da Perdasdefogu alla Puglia, che ha accolto a braccia aperte questo insperato investimento di svariati miliardi di euro per il prossimo decennio, investimento incentrato su una tecnologia d’avanguardia destinata ad applicazioni sempre più diversificate.
Né vanno dimenticate le drammatiche esperienze di La Maddalena, “liberata” dalla presenza della base USA, e di Decimomannu, abbandonata dal gruppo di volo tedesco che ha deciso di preferire la base di Semenzara in Corsica al contestato poligono di Capo Frasca. Quanto a Capo Teulada è ben noto come la sopravvivenza della Brigata SASSARI sia legata all’operatività del poligono, unica area che consente in Sardegna l’addestramento dal livello di squadra al livello di battaglione.
Ed ecco che il cerchio si sta per chiudere! In relazione alle aspirazioni e alle pressioni della classe politica sarda (che forse non si dimostra insensibile al dichiarato interesse di qualche imprenditore impaziente di mettere le mani su Calamosca a Cagliari e sulle Sabbie Bianche di Capo Teulada) sussisterebbe per l’Esercito il rischio di costituire due nuovi reggimenti che poi potrebbero essere soppressi in conseguenza dell’eventuale chiusura del poligono di Teulada. E questo metterebbe in discussione anche il futuro e la presenza dell’intera Brigata SASSARI in Sardegna. Nel qual caso 5000 sardi in divisa, con le relative famiglie, sarebbero costretti ad emigrare nella Penisola, ponendo la parola fine alla sceneggiata “La guerra dei sardi contro la Brigata SASSARI (ovvero come farsi male da soli)”.
Un’opera di cui qualcuno un domani dovrà assumersi la responsabilità.
                                                                                                                                        GIANGABRIELE CARTA

 

 

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