LA BRIGATA SASSARI,
 DAL 1915 ORGOGLIO
 DELL'ITALIA E DI SARDEGNA

 

Il 13 Maggio 1915, a bordo del piroscafo "America", partirono dal porto di Cagliari alla volta di Napoli il 151° Reggimento Fanteria e il I° Battaglione del 152° Reggimento Fanteria della Brigata SASSARI, costituita il 1 Marzo precedente a Sinnai e Tempio Pausania. Era l’inizio di un’avventura che gettò nella fornace della Grande Guerra centinaia di migliaia di uomini e che costò alla Sardegna, che nel censimento del 1911 contava 853 mila abitanti, più di 14 mila morti. Tra i tanti reparti militari impiegati, proprio la Brigata SASSARI entra nella leggenda per le sue capacità belliche e, grazie alla sua composizione regionale, diventa il crogiolo nel quale la "piccola Nazione Sarda" acquista per la prima volta la consapevolezza della propria identità storica e culturale. E dalla prima guerra mondiale in poi, essere Sardi assume il significato di fare il proprio dovere fino in fondo, in qualsiasi situazione. E tra Sardi e "Brigata Tattaresa" si crea un legame che va al di là delle glorie militari e del mito che circonda questa Unità. Mito fondato non su una esagerazione voluta dai vertici militari, ma su dati di fatto, come i 17 mesi e sette giorni trascorsi dalla SASSARI in trincea, meritando due medaglie d'oro al Valor Militare e un Ordine Militare d'Italia alla Bandiera di ciascuno dei due Reggimenti, cinque citazioni sul Bollettino di guerra, nove medaglie d'oro, 405 d'argento e di bronzo individuali.
Ma non si può comprendere l'attaccamento alla SASSARI se non si tiene conto che durante la prima guerra mondiale la Brigata, la prima del Regio Esercito ad essere formata con un arruolamento interamente regionale ebbe:
- 2.150 morti tra ufficiali, sottufficiali e soldati
- 12.400 feriti
- un caduto ogni 12 famiglie
- 138 morti ogni 1.000 coscritti contro una media nazionale di 104.

Non vi è famiglia nell’Isola che non abbia avuto un proprio caro con le mostrine bianco-rosse e pianto un Caduto. Per questo esiste un legame così intenso e profondo con la SASSARI. Il senso del dovere e l’orgoglio di appartenenza è anche il collante tra i Sassarini del ‘15-‘18 e quelli di oggi che hanno suscitato tanta ammirazione e rispetto nei loro colleghi di altre Nazioni (mai tenere verso l’Italia e le sue capacità militari) durante le missioni di imposizione o mantenimento della pace. Missioni che sono costate un nuovo tributo di sangue alla SASSARI.
L’ultimo caduto della Brigata è il Maggiore Giuseppe La Rosa, del TERZO Bersaglieri (Reggimento assegnato alla SASSARI dal 1 Dicembre 2009), ucciso a Farah in Afghanistan l’8 Giugno 2013 in un attentato terroristico. Il nome di La Rosa si aggiunge a quelli di Samuele Utzeri, caporal maggiore del 151° Reggimento Fanteria della Brigata SASSARI, di Cagliari, morto in Kosovo il 2 aprile 2000 pochi giorni prima di compiere 20 anni, ucciso da un colpo di pistola partito accidentalmente dall'arma di ordinanza di un altro militare. Il 12 novembre 2003, nella strage di Nassiriya, muore in Iraq Silvio Olla, 32 anni, di Sant'Antioco (Cagliari), sottufficiale del 151° Reggimento fanteria. Il 5 giugno 2006, sempre in Iraq, muore il caporalmaggiore scelto Alessandro Pibiri, 26 anni, vittima di un attentato in cui rimasero feriti altri quattro militari sardi, tutti in forza al 152° Reggimento Fanteria SASSARI, il tenente Manuel Pilia, il primo caporalmaggiore Luca Daga, il primo caporalmaggiore Yari Contu e il caporalmaggiore scelto Fulvio Concas. La Sardegna versa un pesante tributo di sangue anche con suoi figli assegnati ad altri reparti militari. Il 17 settembre 2009, a Kabul, in Afghanistan, per un attacco suicida ad un convoglio diretto all'aeroporto, muore Matteo Mureddu, 26 anni, di Solarussa, caporalmaggiore del 186° Reggimento Paracadutisti, insieme ad altri cinque colleghi. Il 28 luglio 2010, a Kabul, muore il primo maresciallo Mauro Gigli, 41 anni, di Sassari, in forza al 32° Reggimento Genio Guastatori Alpini ''Torino''. Il 9 ottobre 2010 muore Gianmarco Manca, 32 anni di Alghero ucciso con altri tre commilitoni del 7° Reggimento della Brigata Julia a Farah, in Afghanistan.
E sono proprio le ultime missioni in Paesi lacerati dalla guerra e dalle divisioni religiose e politiche, sfociate in campagne di attentati terroristici, ad avere singolari punti di contatto con una delle pagine meno conosciute della storia della Brigata SASSARI: la partecipazione alla Campagna di Iugoslavia, durante il secondo conflitto mondiale. Anche in quella occasione, come è avvenuto in lraq e in Afghanistan, la SASSARI (elevata al rango di Divisione per effetto di una modifica ordinativa del Regio Esercito) si trovò coinvolta in una "guerra non guerra", dove non si sapeva chi era e dov'era il nemico. Mentre della partecipazione al primo conflitto mondiale si sa praticamente tutto, attraverso la memorialistica e i servizi speciali degli inviati di guerra dei giornali italiani ed esteri, la Campagna di Iugoslavia (che per la SASSARI è durata dal 6 aprile 1941 al 15 aprile 1943), pur essendo stato uno dei teatri dì guerra più sanguinosi, resta uno dei meno conosciuti per noi Italiani. Gli Iugoslavi hanno calcolato in almeno un milione di morti i propri caduti, nonostante la "guerra ufficiale" sia durata soltanto due settimane. L'ltalia, invece, ha perso nei Balcani 13 mila uomini, cinquemila sino all'8 settembre 1943, nella lotta contro i partigiani iugoslavi, ottomila dopo l'8 settembre, caduti combattendo contro i tedeschi. Una carneficina immane in un teatro di guerra, che non ha niente da invidiare alla Campagna dì Russia o a quella in Africa Settentrionale, ma che è sempre rimasto in ombra per motivi politici: per 50 anni c'è stata troppa tensione su quella che veniva chiamata "la soglia di Gorizia" per voler ricordare certe pagine di storia, come le vicende tragiche dell'occupazione nazifascista dell’Iugoslavia e quelle altrettanto tragiche della guerra etnica contro gli italiani dell'lstria, sterminati nelle foibe o costretti a lasciare per sempre la loro terra.
Il mito dei "Diavoli Rossi" (die Roten Teufel) , chiamati così dai nemici austro-ungarici della Grande Guerra, è stato magistralmente condensato nell'inno della Brigata, DIMONIOS, scritto a metà degli anni '90 è conosciuto e apprezzato ormai a livello mondiale.
Nell'Isola vi sono in ogni paese monumenti dedicati ai Caduti di tutte le Guerre. A Cagliari, però, manca ancora un'opera che ricordi quei giovani Sardi, nel punto in cui tutto cominciò con la partenza sul piroscafo "America".

                                                                                                                Paolo Vacca

cagliari, 9 Giugno 2013.

 

 

 

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