

di MATTEO D'ANGELLA *
		I Sardi nel 136° Fanteria
		I soldati Sardi, conosciuti come “Dimonios” nella celebre Brigata 
		SASSARI, combatterono nel corso del primo conflitto mondiale anche 
		in altre Unità, sul fronte dell' Isonzo, Trentino e Piave. La mia 
		ricerca è dedicata ai Sardi del 136° Reggimento 
		Fanteria  della Brigata CAMPANIA, unità nella quale militò un mio 
		parente.
		Ben 954 soldati di questo Reggimento morirono per malattie o in seguito a ferite riportate 
		in combattimento; 26 di loro erano nativi della Sardegna.
		Il primo a cadere fu Giuseppe Carta, da Villanova Monteleone, 
		soldato che con il 136° Fanteria, doveva attaccare le alture di Vermegliano (Gorizia), sul ciglione del Carso. L’assalto, iniziato alle 8 del 
		19 luglio 1915, riuscì e ben presto le dilaganti forze italiane 
		preoccuparono gli ungheresi del settore, che poco dopo passarono al 
		contrattacco con rinforzi di diverse Divisioni.

		
		(Foto reperita da Mirco Baio su https://www.cadutigrandeguerra.it/)
Dalle 9 alle 16 si susseguirono  
		attacchi e contrattacchi e l' 
		artiglieria e le mitragliatrici inchiodarono gli attaccanti che subirono 
		pesanti perdite. A sera gli schieramenti si ritrovarono faccia a faccia, 
		sulle posizioni di partenza, con la terra di nessuno ricoperta di 
		cadaveri.
		Un nuovo tentativo venne fatto la mattina del 2 agosto, quando cadde 
		Paolino Cossu, da Orune, ma il fronte a Vermegliano rimase statico, 
		nonostante qualche progresso.
		Alle 15 dell’8 e la mattina del 9 agosto vennero investiti dallo scoppio 
		di diverse granate mentre erano in trincea i soldati Andrea Pidia, da 
		Oniferi, e Luigi Padiglia, da Usini. Probabilmente erano del 
		2° battaglione, in linea in quel periodo.
		Spirò invece lo stesso giorno un altro sardo, Antonio Careddu, da Olbia, nell’ospedale da campo della 27a Sezione di Sanità, a 
		Begliano.
		Sedici giorni dopo, il 25 agosto, morì per ferite riportate in 
		combattimento anche Salvatore Ugnutu, da Aggius, nell’Ospedaletto da Campo N. 47, all’epoca nel monastero di Aquileia (Udine).
		Iniziato il nuovo anno, cadde il Sottotenente di Complemento Antonio Flumene da Villanova Monteleone; ebbe la Medaglia d’Argento al 
		Valor Militare con la seguente motivazione: “Comandante interinale di una 
		compagnia, fu nobile esempio di slancio e coraggio ai suoi dipendenti 
		nell’attaccare, sotto intenso fuoco, le trincee nemiche. Cadde colpito a 
		morte mentre entrava per primo nella trincea conquistata, tenuta poi 
		saldamente dai suoi dipendenti- Oslavia (Gorizia), 15 gennaio 1916”.
		Evidentemente cadde in azione quando il 1° e 3° battaglione del 
		Reggimento assaltarono le trincee perse a quota 188 la sera del 14 
		gennaio 1916.

		
		Foto di 
		Lenzuolo Bianco, presso Q 188, settore del 136° a gennaio 1916. Il luogo 
		è chiamato
		
		   
		così per la casetta bianca sullo sfondo, poi distrutta dalle cannonate 
		tra il 1915 e il 1916.
Cinque giorni dopo, 20 gennaio, il sassarese Michele Solinas morì a San 
		Giovanni Di Manzano (Udine). La zona non era sulla linea del fronte, quindi 
		potrebbe esser deceduto nell’Ospedale da campo 022, giorni dopo lo 
		scontro con l’esercito ungherese.
		L’anno più sanguinoso fu il 1917, che conta 14 sardi caduti o dispersi 
		nel 136° Reggimento di Fanteria Milizia Mobile.
		Il primo, Giovannino Trudu, da Monserrato, morì il 18 febbraio 
		nell’Ospedaletto da Campo N. 136, sito a Medeuzza (Udine).
		Nel mese di giugno, il giorno 22, nel settore tranquillo della 
		Valsugana, in Trentino, morì il fante Vittorio Malica, da Santu 
		Lussurgiu, presumibilmente per fuoco di artiglieria o durante 
		un’azione di pattuglia.
		Tre mesi dopo, due sardi caddero in azione nello sfortunato “raid” a 
		Carzano (Trento), sulle sponde del torrente Maso. Qui, il comando di 
		Brigata, aveva deciso con il supporto di unità laterali di attaccare di 
		sorpresa le linee del V/1° reggimento Bosniaco.
		L'azione era rischiosa, ma in caso di successo avrebbe tagliato ogni via di rifornimento alle truppe austro-ungariche in 
		Trentino e da lì gli italiani  si sarebbero potuti lanciare direttamente 
		su Trento.
		Di sicuro le truppe tedesche, ammassate presso Tolmino per l’offensiva 
		di Caporetto, sarebbero intervenute per tamponare la falla, creando così 
		scompiglio e disparità di forze nei piani germanici.
		Si parla anche di una mossa dell'intelligence, durante il “sogno di Carzano”, 
		perché un tenente sloveno, Ljudevit Pivko, si recò personalmente al 
		comando italiano, fornendo mappe dettagliate e promettendo addirittura 
		di stordire le sentinelle con del sonnifero nel rancio.
		
		
		 Dalle ore 22 del 17 settembre 1917, i congiurati sloveni e cecoslovacchi fecero del loro 
		meglio per garantire il successo dell’operazione che fallì per 
		l’irrisolutezza del Colonnello Brigadiere Attilio Zincone, comandante 
		della Brigata CAMPANIA e del Generale Donato Etna, comandante del XVIII 
		Corpo d'Armata.
		Dopo aver catturato duecento bosniaci, gli italiani (guidati dal 
		maggiore del Servizio Informazioni Cesare Pettorelli Lalatta Finzi) 
		aspettarono invano
 
i rinforzi a Carzano e, mentre si preparava l’attacco, 
		avvenne l’inevitabile.
		Il nemico si riorganizzò e lanciò l’allarme verso le 02:30 del 18 
		settembre, 
		contrattaccando con tutte le riserve in zona, tra cui le compagnie 
		d’assalto (Sturmkompagnien) del IV Battaglione del 4° Reggimento d’élite 
		“Hoch und Deutschmeister”.
		Venne ordinata la ritirata e chi rimase sulla sponda opposta finì 
		ucciso, catturato o annegato. Tra i caduti vi furono i soldati 
		Bernardino Orrù, da Mogoro e Francesco Piras, da Lei.
		Quest’ultimo venne insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare 
		perché: “Conscio del pericolo cui andava incontro, si offriva 
		volontariamente per recarsi a comunicare e ricevere informazioni. Ferito 
		nell’attraversare una zona scoperta non rinunciava all’impresa, e con 
		calma e fermezza mirabili si spingeva avanti tra il violento fuoco di 
		mitragliatrici e artiglieria avversarie, finché cadde colpito nuovamente 
		e a morte – Torrente Maso, 18 Settembre 1917”.
		Un altro sardo, Elia Soru da Ovodda, morì il 23 settembre a Grigno 
		(Trento), nell’Ospedaletto da Campo N. 10 per malattia.
		Nel dicembre 1917 si registrò, come detto, il numero più alto di sardi morti nel 
		Reggimento, ben nove, durante i feroci scontri sul Monte Grappa.
		L’ordine era: “Di qui non si passa” e ogni altura del Grappa venne 
		difesa con i denti, come Col dell’Orso (quota 1677), dove la Brigata CAMPANIA era attestata 
		dall’8 dicembre.
		L’attacco dell'11 dicembre, dopo la rotta di Caporetto, era uno degli 
		ultimi sferrati dagli austro-tedeschi prima della fine di quel triste 
		anno di guerra.
		I fanti della CAMPANIA, attaccati con tenacia dalla 200a Divisione 
		tedesca, ricacciarono indietro il nemico per ben quattro volte.
		Venne dato per disperso il soldato Andrea Arras da Tempio Pausania 
		e caddero in combattimento Antonio Licheri da Martis ed Emilio 
		Piano da Capoterra.
		Quest’ultimo, matricola 1442, ebbe una Medaglia d’Argento al Valor 
		Militare alla memoria, avendo dimostrato: “Costante, mirabile esempio di calma e 
		coraggio, sotto il bombardamento nemico […] di vedetta in una zona molto 
		battuta, disimpegnando, con zelo e fermezza il suo servizio finché cadde 
		colpito a morte da una granata avversaria”.

		
		Sei Busi: fanti 
		italiani in trincea. Photo courtesy Museo Civico del Risorgimento di 
		Bologna
Durante un nuovo assalto il giorno 13, morirono nelle trincee sconvolte 
		dalle granate i soldati Agostino Melis da Alghero e Francesco Serra 
		da Orune.
		Gli austriaci, ancora determinati a forzare il valico, sferrarono un 
		primo attacco alle 12:30 del 14 dicembre e un secondo alle 16:00. Morì 
		il soldato Giammaria Sechi da Villanova Monteleone e il fante 
		Agostino Corbia da Sorso che spirò nell’ambulanza chirurgica 
		d’Armata N.1, a Crespano del Grappa (Treviso).
		Fallita ogni puntata offensiva, il nemico poté impegnarsi solo in azioni 
		locali, ma in particolare fu l’artiglieria a mietere più vittime. Tra 
		loro il soldato Salvatore Mattana da Muravera il 17 dicembre 1917. In 
		quei giorni soffrì perdite molto elevate il 1° Battaglione, che perse 
		diversi ufficiali, alcuni dei quali comandanti di compagnia.
		L’ultimo a perdere la vita nel 1917 fu il caporale Cesare Carta 
		da Guasila. Ferito tra le cime di Monte Solarolo e Col dell’Orso, venne 
		trasportato d’urgenza all’Ospedale Militare di Milano, ove morì il 22 
		dicembre 1917. L'ultimo sardo a cadere fu il caporale Antonio Piredda, 
		di Nuoro, morto per malattia in prigionia, ad Ingolstadt, in Germania, 
		il 19 gennaio 1918. Riposa oggi nel cimitero militare italiano di Monaco 
		di Baviera. È doveroso ricordare anche il soldato Salvatore Cariddu da 
		Baratili San Pietro, morto il 17 novembre 1918 nella sua città natale e 
		il caporale Raimondo Sanna, da Pula, morto il 20 giugno 1920 per 
		malattia a Cagliari.
   L’intento di questa ricerca è quello di ricordare chi diede la 
		vita per l’Italia, affinché il supremo sacrificio non sia stato vano.
		Ringrazio il sito cimeetrincee.it e l'Archivio di Stato Nuoro per la 
		cortese collaborazione (in particolare le dottoresse Michela
		 Poddigue e Mulas), 
		nonché l'Archivio di Stato di Sassari (la dottoressa Federica Puglisi 
		e il dottor Fiore),  il direttore del 
		giornale "Con la Brigata 
		Sassari", Paolo Vacca.                                                                                                                         
		                                                                                                                                            
		Matteo D'Angella
* 
		MATTEO D'ANGELLA
		Studente universitario in Scienze 
		Politiche, indirizzo Relazioni internazionali, appassionato di storia, 
		ha collaborato dal 2016 al 2021 con diversi Gruppi Culturali ed Enti 
		europei come le Associazioni francesi "Malgré Nous" e "Mémorial Maginot 
		de Haute Alsace" e il Servizio Storico della Difesa di Caen, il Gruppo 
		Genealogico Tirolese in Austria, la Croce Rossa Tedesca e il Volksbund a 
		Kassel (principalmente per l'Italia, ma ha identificato alcuni soldati 
		sepolti nel forte di Douaumont a Verdun, in Francia). Inoltre, nel 2020, 
		ha cooperato con il Consolato Italiano in Germania e l'anno successivo 
		con la sezione Ebraica della Società per la Storia e il Ricordo di 
		Laupheim e l'Associazione Culturale di Rüdersdorf. Dal 2016 al 2020 ha 
		collaborato con i gruppi reggimentali inglesi "Royal Hampshire Regiment", 
		"The Royal Tigers' Association" e "Queen's Royal Regiment" e nel 2017 ha 
		fornito consulenza al gruppo americano-belga "MIA Project" e 
		all'Archivio di Stato di Forlì in Italia.
 
		Sulla 
		cartina di Carzano l'Autore ha evidenziato due compagnie d'assalto del 
		4° Deutschmeister, in azione contro
		il 136° che avanzava verso località Caverna. Questa unità d'élite 
		attaccò  Col del Rosso tra gennaio e giugno 1918.
Photo courtesy Regio Esercito, Museo Civico del Risorgimento di Bologna e Heeresgeschichtliches Museum di vienna
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